sabato 6 marzo 2010

Sapete quando vi domandate "Cazzo, ma perché non trovo nessuno che mi apprezzi? Ma io non ho un ragazzo, perché? Sono brutta? Sono brutta. Metto paura? Metto paura...Ma perché quella cessa sta con quello?? Aspetta, è una latrina anche lui...sì, però a me non vengon dietro nemmeno quelli lì! Cos'ho che non va? Lui non mi vuole più! E allora sono grassa?? Certo che sono grassa. I miei capelli sono orribili, li taglio? Tagliamo, tagliamo. Mi vesto male? Che musica ascolta la gente figa? Ma no, io adoro la mia musica! Ma questi benedetti ragazzi dove sonooooo?! Dove si nascondono? Buongiorno!!! Ehilàààà?? Forse in un tombino. Da quanto tempo stanno insieme quei due? Due anni?? Ed io dov'ero due anni fa?! Oddio, salvatemi. Sono bassa? No, sono troppo alta, vero? Mi puzza l'alito? Ho la faccia paffuta? Sono gobba? Per caso ho un megabrufolo sulla fronte?

CHE CAZZO C'E'?!"?

Esatto, io lo faccio spesso.

Untitled

Tu sei come una luce spenta per me; ed io, io vorrei accenderti di nuovo, vorrei regalarti quella fiamma che non c'è mai stata. Ho le mani legate davanti al tuo falò di dolore.

mercoledì 3 marzo 2010

DAYDREAM NATION

Erano le sei di mattina, Venerdì. Non sapevo bene cosa fare; con Josh stravaccato sul divano e un campo minato di cicche al posto del pavimento.
Spesso avevo desiderato che qualcuno fosse venuto a cercarmi. Chessò...i miei genitori o mia sorella.
A loro non piacevamo, né io né Josh. Ci consideravano solo dei tossici, degli scarti della società, disadattati, una placca irremovibile nel sistema.
Già, quel sistema di merda per il quale valeva tanto la pena vivere. E' vero. Tutti dicono di fregarsene, dicono che basta il minimo per campare. Lo sappiamo che è una stronzata, ma facciamo finta di non capire.
Per Josh non è complicato fingerlo: effettivamente la coca gli ha divorato i neuroni a tal punto da averlo reso un vegetale subacqueo.
Vivevamo con un'altro tipo, che si era trasferito qui a Portland da San Francisco. Il suo nome era Trip. Si, Trip come i viaggi che si faceva. Era pure uscito da Yale, con lode: veniva da una sottospecie di famiglia ricca con lo yacht.
"Diamine, che ci fai qui, fratello? San Francisco è...!" gli avevo detto, ma lui non aveva risposto.
Solo ora capisco che, dopotutto, nessuno di noi fa 'qualcosa' qui a Portland, Oregon.
E' un circolo vizioso di noia, sfratti e autostop.
Almeno per noi; la viviamo in questo modo, senza una vera casa.
Quotidianamente usciva dalla stanza con un giornale (preso da non so dove) in mano e borbottava "Dovete cercarvi un nuovo coinquilino. Mi trasferisco a Chicago".
Da un mese a questa parte non aveva mai fatto le valigie.

Ma i giorni peggiori, dopo quelli in cui il proprietario ci minacciava agitando la porta con le sue tozze mani sudate, erano quelli di astinenza.
Nessuno lo capisce. Nessuno sa cosa significhi farsi di cocaina per cinque anni e scoprire che non hai più soldi per comprarla. E allora inizi a spacciare perché è l'unico contatto che hai con la droga: ti prendi le bustine buone e gli vendi la farina, il gesso, il cemento...quello che trovi.
Josh, prima che ci conoscessimo (al concerto dei Sonic Youth), era stato in galera per un bel po'.
Ora è apposto con la legge, per quanto ne so. Fatto sta che non si parla molto, io e lui.

Proprio quel giorno un tale ci aveva dato appuntamento per provare la macchina che voleva venderci, una Mustang usata del '76. Undicimila bigliettoni, troppi a mio riguardo.
Se Josh voleva la Mustang, la Mustang sarebbe stata la nostra quattro ruote. Avevamo quei soldi da parte; li avevamo guadagnati onestamente. L'anno precedente mi ero persino cercata un impiego in questo fast food, Johnny Rockets (the original hamburger, evviva). La paga era bassa per 8 ore al giorno, però non avevo altre cose da fare. Perlomeno nulla di meglio.

"Josh, dai! Josh ti devi svegliare! No, non sono Trip"
"Che...ma che stai facendo? Stupida hippie, quelli sono i miei calzini"
"Cosa diavolo dici? Buongiorno! La Mustang, undicimila dollari...ciao!"
Ci eravamo poi fiondati a guidarla. Il proprietario era molto proprietariesco.
Dopo averci lanciato occhiate ansiose gli dissi che avremmo trattato quel rottame in modo rispettoso.
Tuttavia quel vecchio Elvis Presley continuava a bofonchiare "Cash, cash...!"

"Adesso dove andiamo?" chiese Josh, tenendo le mani salde sul volante.
E poiché splendeva il sole su Portland, poiché la nostra vita era appesa a un filo, quella mattina di Venerdì prendemmo la Route 30 verso l'infinito.

sabato 30 gennaio 2010

FOCUS

E' come vivere lontani dalla dimensione alla quale si appartiene; quando ogni serenata d'amore si trasforma in un canto sacrificale. Se arrivare ad una meta prefissata fosse semplice non mi troverei qui... Non sarei qui in cerca di una risposta.
Invece ci sono, seduta su una scomoda sedia da veranda a pensare. Invece mentre tutto il resto del mondo vive e respira e pensa di morire, resto immobile a domandarmi il perché di tutto ciò.
Lo scopo, la meta: quelle cose che ho sempre rinnegato nella vita.
Quei nemici che devastano i sogni della gente...
Per non citare il cielo, limpido, con le nuvole e le rondini, gli angeli e le lacrime mai piante.
Gli angeli potrebbero inondare la terra con le proprie lacrime, ma piuttosto reprimono l'ira, come dovremmo fare tutti.
Durante questi infiniti minuti ogni tasto mi è diventato amico; ogni lettera, ogni spazio...
Forse trascrivere certe riflessioni ed improvvisare la "filosofia dei poveri" è solo un modo per nascondermi. Nascondermi dietro lo sguardo di chi legge. Probabilmente la colpa (o il merito) è delle canzoni, le musiche, le dolci melodie del mondo che ruota su se stesso e attorno a molt'altro.
Qualcuno disse che se avesse potuto rendere il mondo tanto puro e strano quanto le cose che vedeva, ti avrebbe messo nello specchio davanti a sé.
Tu.
A volte mi sembra come se tutte le persone attorno a me stessero morendo. Ho paura di chiudere gli occhi. O vita, appesa a un filo sei.
Ogni dettaglio privo di valore per noi: un giorno è meno di un secondo, vivendolo come se il "domani" fosse una garanzia divina.
La verità (esiste?) è che so di poter credere in ciò che penso.
Ogni persona è come la goccia in un temporale, nulla, dal mio punto di vista; come una foglia, un petalo, come un fiore.
Seduta, qui, da sola. La voglia incredibile di conoscere nuove dimensioni, vivere nuove esperienze e chissà cosa.

E' come vivere lontana da tutto e da tutti.